L’elemento built-in <template>
funziona come uno storage per i templates del markup HTML. Il browser ignora il suo contenuto, controllandone solamente la validità della sintassi, ma possiamo accedervi ed usarli via JavaScript, per creare altri elementi.
In teoria, possiamo creare qualunque elemento invisibile in qualunque punto dell’HTML, al solo scopo di salvare del markup HTML. Cos’altro possiamo dire su <template>
?
Prima di tutto il contenuto può essere qualunque HTML valido, anche se, normalmente richiede un tag di inclusione appropriato.
Per esempio, possiamo inserire la riga di una tabella <tr>
:
<template>
<tr>
<td>Contenuti</td>
</tr>
</template>
Solitamente, se proviamo a inserire un <tr>
, per esempio, dentro un <div>
, il browser riconoscerà una struttura non valida, “correggendola”, aggiungendovi una tabella attorno. Questo non è il comportamento corretto, ma d’altra parte <template>
mantiene le cose esattamente come le inseriamo.
Dentro i tag <template>
possiamo anche inserire stili e scripts:
<template>
<style>
p { font-weight: bold; }
</style>
<script>
alert("Hello");
</script>
</template>
Il browser considera il contenuto di <template>
“avulso dal documento”: gli stili non verranno applicati, gli script non verranno eseguiti, i <video autoplay>
non partiranno in automatico, etc.
Il contenuto prende vita (gli stili vengono applicati, gli script vengono eseguiti, etc) solo quando viene inserito dentro il documento.
Inserimento del template
Il contenuto del template è disponibile nella proprietà content
come DocumentFragment, un particolare tipo di nodo DOM.
Possiamo trattarlo come ogni altro nodo del DOM, tranne per una sua peculiarità: quando lo inseriamo da qualche parte, come DocumentFragment, vengono inseriti solo i suoi figli.
Per esempio:
<template id="tmpl">
<script>
alert("Hello");
</script>
<div class="message">Hello, world!</div>
</template>
<script>
let elem = document.createElement('div');
// Clona il contenuto del template per riutilizzarlo piu' volte
elem.append(tmpl.content.cloneNode(true));
document.body.append(elem);
// Ora lo script dentro <template> viene eseguito
</script>
Riscriviamo un esempio di Shadow DOM, preso dal capitolo precedente, usando però <template>
:
<template id="tmpl">
<style> p { font-weight: bold; } </style>
<p id="message"></p>
</template>
<div id="elem">Cliccami</div>
<script>
elem.onclick = function() {
elem.attachShadow({mode: 'open'});
elem.shadowRoot.append(tmpl.content.cloneNode(true)); // (*)
elem.shadowRoot.getElementById('message').innerHTML = "Saluti dalle ombre!";
};
</script>
Nella riga (*)
quando cloniamo ed inseriamo tmpl.content
, come DocumentFragment
, vengono inseriti i suoi figli (<style>
, <p>
).
Questi formano lo shadow DOM:
<div id="elem">
#shadow-root
<style> p { font-weight: bold; } </style>
<p id="message"></p>
</div>
Riepilogo
- il contenuto di
<template>
può essere qualunque HTML sintatticamente corretto. - il contenuto di
<template>
essendo considerato “avulso dal documento”, non modificherà, né eseguirà alcunché al suo interno. - Possiamo accedere a
template.content
via JavaScript, ed anche clonarlo per poterlo riutilizzare in un nuovo componente.
Il tag <template>
ha delle peculiarità uniche, in quanto:
- Il browser controlla la sintassi HTML al suo interno (diversamente dall’uso di un template string dentro uno script).
- …Tuttavia è permesso l’uso di tag HTML top-level, anche quelli che non avrebbero alcun senso se privi del loro appropriato contenitore (per esempio i
<tr>
). - Il contenuto diventa interattivo (gli scripts vengono eseguiti, i
<video autoplay>
partono, etc) quando viene inserito dentro il documento.
L’elemento <template>
non comprende alcun tipo di meccanismo di interazione, data binding o sostituzioni di variabili, ma possiamo implementarli.
Commenti
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, per molte righe – includile nel tag<pre>
, per più di 10 righe – utilizza una sandbox (plnkr, jsbin, codepen…)